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La salute delle donne e non solo

La salute delle donne e non solo

La salute delle donne e non solo

Il comportamento di alcune istituzioni sanitarie milanesi

I consultori familiari​​*

La legge 29 luglio 1975, n. 405 istituisce i "Consultori di assistenza alla famiglia e alla maternità", meglio noti come consultori familiari, ai quali vengono riconosciuti i seguenti scopi:

 - assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile, per i problemi della coppia e della famiglia, per problematiche minorili;

- assistenza per la procreazione responsabile e le scelte contraccettive;

- tutela della salute della donna e del "prodotto del concepimento";

- divulgazione delle informazioni ritenute idonee a promuovere o a prevenire la gravidanza consigliando i metodi e i farmaci maggiormente idonei a ciascuno.

 

Per quello che concerne l’onere retributivo, all’art. 4 della medesima legge si legge:

"L’onere delle prescrizioni di prodotti farmaceutici va a carico dell’ente o del servizio cui compete l’assistenza sanitaria. Le altre prestazioni previste dal servizio istituito con la presente legge sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su territorio italiano".

La legge 22 maggio 1978, n. 194 "

Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza" prevede, inoltre, che spetti ai consultori assistere la donna in caso di richiesta di interruzione di gravidanza.

 Come sottolinea il libretto informativo "

INFORMASALUTE, Accesso al Servizio Sanitario Nazionale per i Cittadini stranieri", progetto co-finanziato dall’Unione Europea, dall’Istituto Nazionale Salute, Migrazione e Povertà, dal Ministero della Salute Dipartimento della Prevenzione e Comunicazione, dal Ministero dell’Interno Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione: "Il Servizio Sanitario Nazionale assicura a tutte le donne gli interventi di prevenzione, quelli per la tutela della maternità, l’assistenza ai bambini, le vaccinazioni, la diagnosi e la cure delle malattie infettive" .

Queste affermazioni trovano conferma all’interno dell’apparato legislativo sull’immigrazione. Il Testo Unico sull’Immigrazione (art. 35) dispone, tra le altre cose, che tutte le donne immigrate abbiano garantiti i diritti di tutela della maternità, anche se sprovviste di permesso di soggiorno in regola.

Entrando nello specifico delle cittadine rumene e bulgare, la sopra citata Circolare N.4/SAN 2008, emanata dalla regione Lombardia in data 27/03/2008, dispone che ai "​

cittadini comunitari presenti sul territorio nazionale ma privi di copertura sanitaria, in quanto non assistiti dagli Stati di provenienza e senza i requisiti per l’iscrizione al SSN (tipicamente, cittadini che si presentano senza TEAM o certificato sostitutivo)" siano riconosciute le prestazioni indicate dall’art. 35 del Testo Unico sull’Immigrazione, e tra queste "si devono considerare incluse le prestazioni sanitarie relative alla tutela della maternità, all’interruzione volontaria di gravidanza, a parità di condizione con le donne assistite iscritte al SSN, in applicazione delle leggi 29 luglio 1975, n. 405, 22 maggio 1978 n. 194, e del decreto ministeriale 10 settembre 1998".

La circolare, anche in questo caso, non ha definito le procedure che sono ad oggi non chiare a tutti i consultori: è necessario che le pazienti siano prese in carico col codice fiscale o col codice CSCS o con altra procedura? Con quali modalità devono essere inviate agli ospedale per gli accertamenti necessari?

I consultori nascono per assicurare alle donne, tutte le donne, un servizio che sia in grado di accoglierle, ascoltarle, tutelarle, assisterle, soprattutto se gravide, invece l’accesso ai servizi dei consultori milanesi non è offerto in maniera omogenea a tutte le cittadine rumene e bulgare in stato di gravidanza presenti sul territorio.

Alcune tra le cittadine rumene e bulgare gravide sono costrette a pagare gli accertamenti necessari in gravidanza, erogati dagli ospedali. In alcuni consultori, infatti, i ginecologi e le ginecologhe compilano le 

"ricette rosse" delle proprie pazienti utilizzando la sigla "CSCS" invece del codice fiscale come previsto. In questo modo, al momento della prenotazione degli esami, viene chiesto un pagamento pari a circa 150 euro per gli esami del sangue e circa 180 euro per le ecografie. Nella forma si tratta solo di un "disguido burocratico", ma nella sostanza il consultorio stesso a volte non si preoccupa di rispettare la legge. Abbiamo anche raccolto testimonianze di cittadine rumene e bulgare intenzionate a portare avanti la loro gravidanza alle quali è stato rifiutato addirittura il primo colloquio presso il consultorio cui hanno fatto riferimento e, di conseguenza, la prima visita ginecologica.

Le cittadine cosiddette "neo-comunitarie", nei fatti, incontrano spesso difficoltà maggiori rispetto alle cittadine "irregolari" provenienti da paesi non comunitari nell’accedere ai servizi a tutela della maternità, a causa della mancata definizione delle procedure da parte della regione Lombardia.

A queste ultime è infatti garantito, in caso di gravidanza, il rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche, valido per tutta la gravidanza e fino ai sei mesi di vita del bambino, che permette di avere la tessera sanitaria nazionale.

Gli ospedali *

I pazienti rumeni e bulgari che hanno perso il diritto al codice STP, quando affetti da patologie croniche o quando necessitino di accertamenti di natura tale da non richiedere un accesso in Pronto Soccorso, se si presentano al CUP (centro di prenotazione) di un ospedale milanese, con una richiesta di visita medica specialistica o di accertamenti diagnostici ospedalieri, compilata su un ricettario di un medico di una associazione di volontariato o da un medico privato, vengono di norma respinti e non ottengono nessun appuntamento. Vengono respinti con la motivazione che la richiesta non è formulata su ricettario regionale (il ricettario utilizzato dai medici di medicina generale), senza che peraltro possano ottenere ricette regionali proprio perché non hanno diritto al medico di base. La motivazione burocratica tenta di nascondere una volontà politica.

Unica eccezione è l’ospedale Niguarda che accetta di fissare appuntamenti a questi pazienti, previa dichiarazione d’indigenza, in modo che non debbano pagare il ticket. Evidentemente se c’è la volontà è possibile superare gli ostacoli burocratici posti da Regione Lombardia, e rispettare quanto previsto dal Testo Unico sull’Immigrazione, come peraltro ha chiesto la Ragione stessa con la circolare n.4/SAN 2008, mai diventata operativa nei fatti. Parziale eccezione è l’ospedale San Paolo qualora il paziente acceda all’ambulatorio dedicato agli immigrati irregolari; se invece accede al CUP viene respinto come negli altri ospedali. All’ospedale San Paolo il paziente deve comunque pagare il ticket per la prima visita, in quanto l’esenzione per indigenza viene rilasciata solo per eventuali visite successive. 

"Accompagnamenti"

il respingimento dei pazienti al CUP, oltre che dichiarato dai pazienti, è stato verificato più volte di persona dai volontari Naga che hanno accompagnato i pazienti agli sportelli CUP degli ospedali Policlinico, Niguarda, San Paolo, San Raffaele, Fatebenefratelli e San Carlo. Talvolta (all’ospedale Fatebenefratelli e all’ospedale San Carlo) la presenza del volontario Naga, che si è qualificato solo dopo il respingimento del paziente, ha permesso di sbloccare la situazione, e di ottenere la visita o l’accertamento richiesto, ma solo per quel singolo paziente, quasi fosse una benevola eccezione e non l’applicazione di un diritto previsto dalle leggi italiane.

*Comunitari Senza Copertura Sanitaria. Indagine sul difficile accesso alle cure per cittadini rumeni e bulgari a Milano e in Lombardia: quando essere comunitari è uno svantaggio. A cura di Naga, Associazione Volontaria di Assistenza Socio-Sanitaria e per i Diritti di Cittadini Stranieri, Rom e Sinti e di Casa per la Pace Milano, Centro Internazionale Helder Camara Onlus e Sant’Angelo Solidale Onlus, Milano Marzo 2012

 

Il livello di assistenza sanitaria previsto dalle normative per i cittadini romeni - che sono la maggioranza dei rom presenti sul territorio milanese- è paradossalmente diminuito dopo l’ingresso nell’Unione Europea della Romania. A un cittadino straniero non comunitario viene infatti assegnato il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente), che dà diritto alle cure mediche urgenti ed essenziali, previste per legge. Per urgenti si intendono le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persone, per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie diagnostiche e terapeutiche relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti).

 

Un cittadino comunitario proveniente dalla Romania o dalla Bulgaria può iscriversi al Servizio sanitario nazionale solo a particolari condizioni (per esempio se lavoratore, familiare di lavoratore, familiare di cittadino italiano, se in possesso di attestazione di soggiorno permanente, disoccupato iscritto alle liste di collocamento o a un corso di formazione). Altrimenti può richiedere la Tessera europea di assicurazione malattia (TEAM), che viene rilasciata a chi ha pagato 5 anni di contributi nel paese di origine, oppure a chi ha un lavoro regolare in Italia, ma in ogni caso dalle autorità sanitarie di riferimento in Romania. Tutti coloro che non hanno questi requisiti di iscrizione, hanno diritto alle prestazioni urgenti e indifferibili. Per quanto riguarda le cure essenziali, la circolare ministeriale che riporta queste indicazioni non nomina esplicitamente il diritto a questo tipo di cure per i cittadini neocomunitari, lasciando di fatto la decisione alla discrezionalità delle Regioni. Per esempio Piemonte, Lazio, Marche, Puglia estendono ai neocomunitari il diritto alle cure essenziali, mentre la Regione Lombardia no.

 

Le persone rom che incontriamo durante le uscite, pertanto, non potendo usufruire dell’assistenza sanitaria di base- che rientra nelle cure definite essenziali- si rivolgono principalmente al pronto soccorso, e in alcuni casi ai consultori o agli ambulatori ospedalieri dedicati.

 

Questo è il motivo per cui il Naga si occupa di fornire assistenza di primo livello ai rom presenti sul territorio di Milano: di fatto, ci troviamo di fronte a nuovi comunitari senza diritto di comunità.

 


 

 


 

 

I poveri, chi ha più bassa classe sociale, le persone meno istruite si ammalano di più e muoiono prima.

A parità di età, il rischio di morire è più alto tra i meno istruiti, nelle classi sociali più svantaggiate, tra i disoccupati, tra chi abita in case meno agiate e in quartieri più degradati, tra chi vive solo o in situazioni familiari meno protette.

Lo svantaggio sociale nelle sue varie dimensioni (istruzione, reddito, abitazione) è il predittore più importante della salute (Costa G, Perucci C, Dirindin N. Epidemiologia & Prevenzione 1999; 23: 133-40).

Perché questo? Le spiegazioni possibili sono diverse: le persone con basso reddito e livello di istruzione vivono condizioni di vita disagiate e hanno spesso stili di vita più a rischio (fumo, alcol, cattiva alimentazione, poca attività fisica, scarsa attenzione alla prevenzione), si rivolgono più tardi al medico in caso di malattia, ricevono cure meno appropriate, possono avere più malattie insieme e quindi è più difficile guarire, hanno difficoltà ad accedere a servizi efficaci e appropriati.

Molti di questi fattori riguardano anche le persone rom incontrate durante l’attività dell’unità mobile, che di fatto vivono in una condizione di svantaggio sociale che può avere conseguenze importanti sulla salute. Le condizioni e il contesto dell’attività non permettono però di raccogliere queste criticità di salute. Le visite sono condotte di sera, con strumenti di diagnosi ridotti, il rapporto di cura è discontinuo. Questa discontinuità, almeno in parte, potrebbe essere spiegata dal fatto che i rom sono da anni vittime di continui allontanamenti dalle aree dove fortunosamente riescono a ritagliarsi uno spazio vitale. È’ possibile anche che le stesse persone vengano visitate più volte nel corso degli anni, ma siano registrate sulle cartelle mediche come pazienti differenti.

A questo si aggiunge la difficoltà di ottenere esami o visite specialistiche presso strutture di secondo livello per i neocomunitari senza copertura sanitaria, quali sono i rom rumeni visitati.

Tutto questo rende difficile trovare e vedere confermate malattie gravi o croniche - come malattie al fegato, tumori, diabete mellito o malattie cardiovascolari- da parte dell’unità mobile. Più spesso le persone chiedono di essere visitate per dolori alla schiena o all’apparato muscoloscheletrico, disturbi respiratori, mal di denti. Per le malattie più serie e per le emergenze si rifanno ai servizi di pronto soccorso.

Nelle aree dismesse capita frequentemente di visitare giovani madri con i loro figli. L’obiettivo del Naga in questi casi è di prestare le prime cure e poi raccomandare alle mamme di portare i figli negli ospedali o nei consultori, dove possano ricevere assistenza.
Nel corso degli anni è capitato di incontrare donne che chiedessero come fare per non rimanere incinta, e altre che chiedessero cosa fare per avere un figlio.
Dalla nostra indagine risulta che il numero medio di figli per donna visitata è 2,8, il doppio delle donne italiane (secondo i dati ISTAT del 2009)
Tra le donne visitate che hanno compiuto 14 anni di età, un terzo ha avuto almeno un’interruzione di gravidanza volontaria o spontanea, con una media di 3,8 per donna.
E’ importante considerare che questi numeri si riferiscono sia a interruzioni di gravidanza volontarie sia a aborti spontanei, e portano alla luce una situazione che merita maggiore interesse da parte di chi si occupa di salute pubblica.
L’uso di misure contraccettive è molto basso: solo l’8 % delle donne che hanno compiuto i 14 anni di età usa tecniche contraccettive, secondo la nostra indagine.
Il bassissimo tasso di utilizzo di metodi anticoncezionali può spiegare in parte il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza come estremo rimedio per evitare una gravidanza non desiderata. E’ possibile anche che le donne non dicano di usare metodi contraccettivi, per vergogna o come conseguenza di una pressione sociale e familiare contro l’uso di metodi per evitare la gravidanza.
Anche tra gli uomini, sebbene non sia stato possibile ottenere dati precisi su questo aspetto, si ha l’impressione che l’utilizzo del preservativo sia occasionale e venga concepito unicamente come modo per evitare di esporsi al rischio di malattie sessualmente trasmesse.
Durante l’attività dell’unità mobile presso un campo non regolare ma stabile di Milano, nel 2006, è stato organizzato un incontro con le persone presenti nel campo per parlare di malattie infettive, in particolare malattie sessualmente trasmesse, metodi contraccettivi, vaccinazioni. La richiesta era arrivata dai rappresentanti del campo, e per questo incontro sono stati preparati fogli informativi in lingua rumena, che vengono tuttora utilizzati dall’unità mobile durante le uscite.

 

Lo sgombero del campo non ha permesso di continuare gli incontri e cercare modi efficaci per dare informazioni e raccogliere domande su questi temi.

I luoghi comuni che riguardano i rom sono i più diversi e disparati: sono nomadi, non lavorano, hanno macchine costose e vivono da poveri, mandano i figli a chiedere l’elemosina…Come tutti i luoghi comuni, vengono applicati indiscriminatamente, associati al fatto stesso di essere rom.
Medicina di strada- unità mobile del Naga che da dieci anni offre assistenza sanitaria agli immigrati che vivono in aree dismesse- da diversi anni incontra prevalentemente rom, e ha deciso di pubblicare i dati raccolti durante la propria attività per sfatare questi miti, e per far conoscere un po’ di più le persone che incontra.
Tra il 2009 e il 2010 medicina di strada ha visitato 1.142 persone che vivevano in insediamenti non autorizzati sul territorio del Comune di Milano. Quasi tutti rom rumeni.
Nell’ambito dell’attività di ambulatorio medico mobile, sono state chieste loro informazioni su scolarità, lavoro, anni di permanenza in Italia, numero di figli…
In questa rubrica verranno pubblicate a puntate le informazioni raccolte - analizzate in modo anonimo - per fornire una fotografia delle condizioni di salute e di vita, dal punto di vista del Naga.









Nuovi comunitari senza diritto di comunità

Svantaggio sciale, disuguaglianze,

malattie e accesso alle cure

I rom, quelli conosciuti

La salute - storie

Uno dei luoghi comuni che colpisce i rom è che non vogliono mandare i figli a scuola.
I bambini rom che frequentavano la scuola incontrati durante l’attività di medicina di strada sono stati invece molti. Alcuni hanno smesso perché sgomberati. Altri hanno continuato a frequentare la scuola.
Durante le uscite dell’unità mobile, in occasione delle visite, alle persone viene chiesto quanti anni hanno frequentato la scuola, in Italia o in Romania.
Le persone dai sei anni di età visitate in due anni (900 persone) hanno frequentato la scuola in media 5 anni. Di queste, poco più di un quarto non è mai andato a scuola: più spesso si tratta di donne. E’ analfabeta un terzo delle donne (cioè 159 donne su 497 visitate) e un quinto degli uomini (75 uomini su 404 visitati).
I ragazzi dai 6 ai 14 anni hanno frequentato la scuola in media 3,5 anni (si tratta di 113 ragazzi). Un quinto di loro (22 ragazzi) non è mai andato a scuola. Questi dati riguardano solo bambini e ragazzi visitati dall’unità mobile di medicina di strada.

Non conoscendo il numero totale di bambini e ragazzi che abitano negli insediamenti non è possibile sapere se il numero medio di anni di scolarità, così come la proporzione di ragazzi mai andati a scuola, siano validi per tutti i ragazzi rom di quella età che vivono in queste aree. Il dato è comunque importante perché aggiunge un tassello ai pochi dati disponibili, e sembra indicare che i bambini e i ragazzi vanno a scuola più di quanto siano andati gli adulti.

Telefonata miracolosa?

Qualche mese fa si rivolge al Naga Vica, una giovane ragazza rom rumena, accompagnata da una altrettanto giovane amica italiana, Veronica. Vica vive nel campo di via XXX da qualche anno assieme alla famiglia e al compagno. La coppia ha già un bambino di un anno e mezzo che vive con i nonni in Romania e Vica è ora in attesa del secondo figlio. Parla poco la lingua italiana ed è molto disorientata, è per questo che Veronica è con lei. E’ infatti Veronica a raccontarci ciò che è accaduto. Pochi giorni prima Vica si è rivolta al Consultorio familiare di via YYY per prenotare la prima visita di controllo per gravidanza. La ginecologa, dopo aver fissato la data per il controllo medico, l’ha avvisata telefonicamente che ci sarebbero state ingenti spese da sostenere per poter eseguire gli esami di controllo in ospedale (esami del sangue, urine, ecografia); le cittadine rumene e bulgare infatti, a suo dire, se non in possesso di tessera sanitaria, devono pagare in ospedale 150 euro per gli esami del sangue e 180 euro per un’ecografia. E’ un abuso, la legge prevede piena assistenza per la gravidanza, in tutti i casi, senza spese a carico della gravida, soprattutto se indigente. La ginecologa avverte anche che se Vica non sarà in grado di consegnare i referti degli esami durante le visite successive, non potrà più esser seguita dal consultorio familiare. E’ questo un ulteriore abuso: nessun medico può obbligare un paziente a fare alcun accertamento clinico, il medico può e deve consigliare gli accertamenti che ritiene necessari, ma è il paziente a decidere se eseguirli o meno. Chiamiamo quindi il consultorio e riusciamo a parlare con la ginecologa che ribadisce il suo punto di vista; noi ribadiamo quali siano i termini di legge. La settimana successiva Vica si presenta al consultorio per la visita di controllo, senza gli esami prescritti, e il clima è misteriosamente cambiato, la dottoressa le prescrive su “ricettario rosso” gli accertamenti necessari, apponendo il codice di “gravidanza a rischio”, e nei giorni seguenti Vica non riscontra problemi nella prenotazione degli esami che eseguirà gratuitamente presso un ospedale.

Può essere che l’effetto benefico sia derivato dalla telefonata Naga?

Da un'indagine svolta da Naga, Casa per la Pace Milano, Centro Internazionale Helder Camara Onlus e Sant’Angelo Solidale Onlus tra novembre e dicembre 2011 e pubblicata a marzo 2012* è emersa la seguente situazione relativa alla salute dei bambini.

I dati per i bambini non sono stati raccolti, salvo alcune eccezioni, in occasione di visite mediche; trattandosi di dati anamnestici raccolti presso i genitori, sono privi di diagnosi.


Sono stati raccolti dati relativi a 71 bambini, di età inferiore ai 14 anni - età media 6,6 anni -, tutti di nazionalità rumena.
Domicilio: 68 (94,4%) vivono nei campi irregolari, in media da 3,3 anni; 3 (5,6%) vivono in casa.
Visite mediche: 29 (41%) non sono mai stati visitati da un medico in vita loro, 28 (31%) sono stati visitati in Pronto Soccorso, 13 (15%) sono stati visitati da medici di organizzazioni di volontariato, 12 (14%) sono stati visitati nei consultori familiari, 5 (6%) sono stati visitati da pediatri privati. Percentualmente si supera il 100% in quanto alcuni hanno avuto accesso a più di una tipologia di visita medica.
11 (40%) dei bambini visitati in Pronto Soccorso hanno qui ricevuto una ricetta per i farmaci necessari, 16 (60%) non l’hanno ricevuta.
Vaccinazioni: 17 bambini (24%) non hanno ricevuto nessuna vaccinazione; 42 (59%) hanno ricevuto tutte le vaccinazioni previste; per 13 bambini (17%) la condizione vaccinale non è chiara
, in quanto i genitori non ricordano se le abbiano fatte tutte o in parte, e comunque non ricordano quali. I 15 bambini nati in Italia sono stati tutti vaccinati; tra i bambini giunti in Italia dopo l’anno di età sale al 30% la percentuale di bambini che non sono stati vaccinati in Romania e non sono stati presi in carico dal sistema sanitario pubblico italiano.
Ricordiamo che in Italia le vaccinazioni obbligatorie previste per tutti i bambini sono: difterite, tetano, poliomielite, epatite B. Per Haemophilus influenzae di tipo B, morbillo, parotite, pertosse, rosolia la vaccinazione è raccomandata. Per altre tre malattie (malattie invasive da pneumococco, meningococco C e varicella) è prevista la vaccinazione dei soggetti a rischio.
Paker C. in una pubblicazione online documenta che la mortalità infantile in Italia è tre volte più elevata tra i rom che tra gli Italiani. Lorenzo Monasta, Am. J. Public Health, documenta che diarrea, bronchite, asma tra i bambini rom che vivono in campi nomadi a Firenze, Bergamo, Brescia, Mestre e Bolzano, sono correlate in modo statisticamente significativo con la durata della permanenza nei campi nomadi.
Samuel Loewenberg, Lancet 2010, una delle riviste mediche più autorevoli, commenta una ricerca a cura della Comunità S. Egidio di Roma nella quale sono poste in evidenza l’elevata percentuale di denutrizione (24%), scabbia (16%) e capacità motorie sottosviluppate per l’età (5%) ed evidenzia un maggior rischio di morbillo e poliomielite dovuti alla carenza di vaccinazioni tra i bimbi rom. Una pubblicazione del Ministero della Sanità spagnolo, 2008, evidenzia un maggior rischio di epatite cronica tra i bambini rom, correlata alla carenza di vaccinazioni tra gli stessi. Una recente ricerca Naga, 2011, documenta le precarie condizioni di vita dei rom a Milano, e la carenza di assistenza medica.



*Comunitari Senza Copertura Sanitaria. Indagine sul difficile accesso alle cure per cittadini rumeni e bulgari a Milano e in Lombardia: quando essere comunitari è uno svantaggio. A cura di Naga, Associazione Volontaria di Assistenza Socio-Sanitaria e per i Diritti di Cittadini Stranieri, Rom e Sinti e di Casa per la Pace Milano, Centro Internazionale Helder Camara Onlus e Sant’Angelo Solidale Onlus, Milano Marzo 2012











La piccola Luisa e il tenace volontario*



Luisa ha 4 anni, ha i denti in pessime condizioni. Viene visitata da un odontoiatra privato che stabilisce che la bimba necessita di cure odontoiatriche importanti che prevedono la necessità di rimuovere molti denti. Ma la bimba è affetta anche da una cardiopatia congenita, la rimozione dei denti comporta rischi correlati alla cardiopatia, e non può essere eseguita in uno studio odontoiatrico, bensì in ospedale previa esecuzione di una radiografia panoramica dentaria. A giugno 2011 un volontario accompagna la bimba all’ambulatorio di odontoiatria infantile del Paolo Pini. La bimba viene respinta malamente (il volontario è disponibile a testimoniare). Pochi giorni dopo lo stesso volontario ottiene da un medico di medicina generale una richiesta di panoramica dentaria su ricettario regionale, con apposizione sulla ricetta stessa del “codice CSCS”, e accompagna la bimba all’ospedale Buzzi. Anche al Buzzi la bimba viene respinta. A luglio la famiglia viene sgomberata dal campo rom in cui vive, e torna in Romania. In Romania Luisa esegue a pagamento la panoramica dentaria. A ottobre la famiglia torna in Italia e vive ancora in campi irregolari. A novembre il tenace volontario riesce a ottenere una visita all’ospedale San Paolo, dove la bimba viene presa in carico e visitata da un anestesista e da un cardiologo, oltre che dall’odontoiatria, data la complessità del caso clinico; viene espresso parere favorevole all’intervento di rimozione dei denti, e la bambina viene inserita in lista d’attesa per un ricovero ospedaliero.

Malattia congenita e nazionalità sbagliata*


Maria è una bimba di due anni. La sua mamma, rumena, è stata abbandonata dal marito e si occupa da sola della bimba. Maria è affetta da sindrome di Prader Willi, una malattia genetica rara (colpisce 1 su 15.000-25.000 nati vivi), caratterizzata dall'alterazione del cromosoma 15. I nati con questa sindrome presentano subito una ipotonia marcata che va scomparendo con l'età adolescenziale. Successivamente, dai due ai sei anni, questi bambini sviluppano un appetito insaziabile dovuto ad una disfunzione dell'ipotalamo che li accompagnerà per tutta la loro vita. Alcuni di loro presentano un ritardo mentale che può essere lieve o grave a seconda dell'individuo, ipogonadismo, strabismo, mani e piedi piccoli. L'iperfagia però è il problema più grave; infatti, se non controllata con un regime di dieta ferrea, può portare ad un'obesità eccessiva con tutti i problemi che da essa ne derivano (vascolari, diabete ecc.) fino a compromettere la salute del soggetto stesso.
I bimbi affetti da questa sindrome dovrebbero essere aiutati con la somministrazione dell’ormone della crescita (GH), che fa in modo di dar loro più vitalità, di farli crescere in maniera corretta e di limitare le loro disfunzioni metaboliche che li spingono ad aumentare di peso più facilmente rispetto ai soggetti sani.
L'ormone della crescita deve ovviamente essere prescritto e richiesto tramite ricetta (a cura del pediatra).​
Oltre alla somministrazione dell’ormone GH è fondamentale che i bimbi affetti da questa sindrome si sottopongano a regolari sedute di fisioterapia. Anche queste devono essere richieste e prescritte con ricetta, dal pediatra.​
La mamma di Maria però non ha la tessera sanitaria perché non ha la tessera TEAM e non ha un lavoro. Nemmeno Maria può avere quindi la tessera sanitaria, l’iscrizione al sistema sanitario nazionale e un pediatra che prescriva per lei le cure e le terapie necessarie e adeguate, che non sono risolutive della sua malattia ma sono fondamentali per poter vivere.
L’ospedale San Raffaele, dove c’è il centro di riferimento per questo tipo di patologia, continua a fare visite periodiche alla bimba, gratuitamente, per monitorare il suo stato di salute, ma per disposizione regionale non può prescrivere nessuna terapia senza tessera sanitaria; Maria quindi non ha la possibilità di condurre una vita migliore, nei limiti della malattia che l’ha colpita, perché è nata in Italia (Europa) ma è di nazionalità “sbagliata”.


*Comunitari Senza Copertura Sanitaria. Indagine sul difficile accesso alle cure per cittadini rumeni e bulgari a Milano e in Lombardia: quando essere comunitari è uno svantaggio. A cura di Naga, Associazione Volontaria di Assistenza Socio-Sanitaria e per i Diritti di Cittadini Stranieri, Rom e Sinti e di Casa per la Pace Milano, Centro Internazionale Helder Camara Onlus e Sant’Angelo Solidale Onlus, Milano Marzo 2012

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