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Rom, la Toscana punta all'integrazione


Si punta ad alloggi sociali ed aree attrezzate per la residenza

La regione per favorire l'inserimento dei gitani ha posto una condizione ai comuni: niente più sgomberi
Divieto di sgombero: è la condizione che regione Toscana ha posto ai comuni per partecipare al nascente «Tavolo Rom». La scorsa primavera il governo ha approvato un piano nazionale di inclusione per Rom, Sinti e Caminanti in seguito a un invito della Commissione europea agli Stati membri ad attuare strategie per migliorare l'integrazione economica e sociale degli 11 milioni di Rom presenti in Europa.
TOSCANA - La Toscana è stata una delle prime regioni a mettere in atto delle iniziative: «Il nostro primo obiettivo è quello di interrompere lo scarica barile per cui tutti preferiscono che del problema si occupino altri. Vogliamo condividere con province, comuni e associazioni la scansione temporale degli interventi, affrontando per prime le questioni più difficili da risolvere», spiega Salvatore Allocca, assessore regionale al welfare e alle politiche per la casa. L’imperativo è quello di smettere di seguire la logica dei campi e grazie a due leggi regionali varie realtà locali hanno sperimentato azioni per superarla. Si va dagli alloggi sociali alle aree attrezzate per la residenza, dal recupero di patrimonio dismesso all’autocostruzione, fino al sostegno e messa a norma di situazioni autonomamente realizzate.
LA SITUAZIONE - In Toscana ci sono circa 2700 tra rom, sinti e camminanti di cui meno di mille in condizioni di estrema criticità. Le situazioni più difficili si incontrano a Pisa e Firenze. Uno dei temi più discussi è quello dell’assegnazione delle case popolari: «Per quanto riguarda l’accesso al sistema delle case popolari – continua l’assessore - non deve esserci nessuna discriminazione nei confronti dei Rom. Ma in realtà non è ancora così: sono infatti solo 146 su 52mila gli alloggi pubblici assegnati a famiglie rom». Ma la Toscana ha fatto molto per i Rom, già a partire dagli anni 90: al Poderaccio a Firenze, per esempio, sono stati installati due lotti di abitazioni temporanee in legno. Attualmente oltre 500 persone abitano in insediamenti di questo tipo. Altri progetti sperimentali hanno condotto alla chiusura di campi per arrivare, pur con gradualità, all’accompagnamento abitativo di famiglie in alloggi reperiti sul libero mercato. Il numero delle famiglie coinvolte in questi progetti sono oltre 90. Non mancano i progetti di scolarizzazione e inserimento sul mercato del lavoro: in questo ambito molte delle opportunità saranno costituite dalla creazione o dall’inserimento in cooperative sociali tra cui sartorie e lavanderie in cui impiegare le donne.
SETTORI FONDAMENTALI - Secondo l'Ue, sono quattro i settori fondamentali in cui impegnarsi per migliorare l'integrazione dei Rom: l'accesso all'istruzione, l'occupazione, l'assistenza sanitaria e l'alloggio. La ricezione e messa in atto delle linee guida nazionali non impone tempistiche precise, quindi risulta a discrezione delle varie regioni, per questo ce ne sono alcune, come Piemonte o Emilia Romagna che, impegnate in altri settori, non hanno ancora messo a punto un vero e proprio piano. Le segue invece alla lettera regione Lombardia che porterà avanti progetti già in essere da anni e li implementerà con nuove strategie. La regione è molto attenta su questa tematica e da anni forma delle figure specializzate, le mediatrici Rom, che lavorano nelle Asl e nelle scuole per ora delle province di Milano e Pavia. Sul piano dell’inclusione delle minoranze nel mondo del lavoro è in atto il progetto «Valore Lavoro» che consiste nell’affiancare queste popolazioni nell’orientamento e l’inserimento. La regione si sta anche impegnando nella coprogettazione fattiva con gli enti locali e nella produzione di materiali informativi su questi progetti destinati ai Rom





Camera. Il Sottosegretario di Stato per l’interno De Stefano, risponde all’interpellanza urgente n. 2-01700 relativa a elementi in merito alla sgombero di un campo nomadi a Giugliano (Napoli).Resoconto stenografico della seduta n. 706 di giovedì 18 ottobre 2012

PRESIDENTE. L'onorevole Bossa ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01700, concernente elementi in merito alla sgombero di un campo nomadi a Giugliano (Napoli) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
LUISA BOSSA. Signor Presidente, il 4 ottobre scorso a Giugliano, in provincia di Napoli, si è proceduto alla sgombero di un campo nomadi, che si era insediato abusivamente, nel 2011, su alcuni terreni confinanti con un grosso centro commerciale.
Le operazioni di sgombero sono state coordinate dal commissariato della locale polizia, con la partecipazione di un folto gruppo interforze su ordine della magistratura. All'interno del campo rom vi erano poco meno di un centinaio di persone, alle quali è stato intimato di lasciare l'area. Altre famiglie si erano già allontanate da qualche giorno. Lo sgombero delle famiglie è stato compiuto senza disordini. Le baracche sono state demolite e la zona è stata riportata alle condizioni precedenti all'occupazione, con una radicale bonifica.
Con lo sgombero del campo, però, non è stata offerta ai rom allontanati alcuna destinazione o alternativa. Una carovana di nomadi, con più di cinquanta veicoli tra roulotte, auto e camion, si è messa così in moto, alla ricerca di altri terreni da occupare. Alcune famiglie, molte delle quali formate da giovani con tanti bambini, si sono accampate in zone limitrofe; altri hanno raggiunto la vicina costiera e si sono accampati in prossimità dello svincolo della vicina tangenziale, scatenando naturalmente la protesta dei residenti che hanno occupato per ore alcune strade, preoccupati dei problemi di sicurezza e di igiene.
La questione rom resta un fatto irrisolto su quel territorio. I rom vivono a Giugliano da oltre 20 anni: sono profughi slavi fuggiti dalle guerre della Jugoslavia e sono vissuti, in questi anni, in tredici piccoli campi, a ridosso di un'area industriale. Sono diventati un popolo numeroso e circa trecento sono i minori.
Nel 2011, la procura di Napoli ordinò che i tredici campi fossero abbattuti, perché sorgevano su un'area satura di rifiuti tossici. Un'altra gravissima e per ora irrisolta questione di cui ci siamo occupati in quest'Aula e di cui continueremo ad occuparci. Al comune di Giugliano e alla provincia di Napoli spettava il compito di trovare soluzioni alternative che, però, sono mancate quasi del tutto. Per più di 600 persone è cominciato un disperato pellegrinaggio tra un terreno e l'altro, tra un'occupazione abusiva ed un'altra. Al momento, le uniche iniziative messe in atto sono gli sgomberi, che hanno prodotto, come risultato, la presenza di centinaia di uomini, donne e, soprattutto, bambini, che vagano tra le campagne del giuglianese, senza una decisione stabile che consenta ai servizi sociali, alle scuole e ai soggetti del volontariato di stabilire una relazione e un intervento continuato e integrato.
La città di Giugliano, per scelta del sindaco, che l'altro giorno ha rassegnato le dimissioni, pare con l'intenzione di candidarsi alle prossime elezioni politiche, potrebbe trovarsi, nelle prossime ore, senza un'amministrazione nel pieno delle funzioni. Stessa sorte per l'amministrazione provinciale di Napoli, con le paventate dimissioni, per le medesime ragioni, del presidente Cesaro.
Il prefetto Morcone proprio questa mattina su Il Mattino di Napoli dichiara che il comune di Giugliano non ha chiesto sostegno economico per risolvere il problema, ma solo un atto di forza. Il vuoto delle istituzioni rischia di trasformare questa vicenda in un focolaio di pericolose tensioni sociali.
Pertanto, chiedo al Governo se non ritenga di intervenire, per quanto di competenza, anche attraverso gli uffici territoriali, stanti anche le dimissioni delle autorità territoriali preposte, per favorire la realizzazione e la definizione di un piano organico su base provinciale, con i soggetti istituzionali e sociali, per uscire dalla logica degli sgomberi forzati ed individuare soluzioni strutturali.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Carlo De Stefano, ha facoltà di rispondere.
CARLO DE STEFANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'onorevole Bossa e gli altri onorevoli interpellanti chiedono se il Ministero dell'interno sia a conoscenza dello sgombero di un campo nomadi abusivo avvenuto presso un'area contigua ad un centro commerciale di Giugliano in provincia di Napoli e chiedono, inoltre, di conoscere le iniziative assunte dalle autorità preposte per definire e realizzare un piano organico provinciale volto a superare il ricorso agli sgomberi forzati dei campi nomadi.
Voglio premettere che, in attuazione della dichiarazione dello stato d'emergenza per le criticità relative ai campi nomadi delle regioni Campania, Lazio e Lombardia, sono state adottate ordinanze dalla Protezione civile per fronteggiare la grave situazione di degrado igienico, sanitario e socio-ambientale registrata negli insediamenti abusivi e anche in quelli autorizzati.
I prefetti di Milano, Roma, Napoli e, in un secondo momento, anche quelli di Torino e di Venezia, nominati commissari delegati per la realizzazione degli interventi necessari al superamento dello stato d'emergenza, hanno avviato iniziative a favore delle comunità nomadi, in ottemperanza ai contenuti delle predette ordinanze. Successivamente la sentenza del Consiglio di Stato n. 6050 del 16 novembre 2011 ha disposto l'annullamento della dichiarazione dello stato d'emergenza e delle conseguenti ordinanze della Protezione civile di nomina dei commissari delegati.
In quella veste, il Prefetto di Napoli, aveva adottato un piano per la sistemazione dei nomadi censiti sul territorio della provincia, compresi quelli presenti nell'area ASI del territorio di Giugliano.
L'amministrazione comunale di Giugliano ha realizzato autonomamente un villaggio attrezzato con strutture abitative prefabbricate per una capienza di 120 persone, a fronte delle 440 censite nell'area, rifiutando la possibilità offerta dal Commissario straordinario di realizzare un secondo insediamento per la sistemazione di tutti gli occupanti abusivi.
Il 12 aprile 2011, in esecuzione di due provvedimenti dell'autorità giudiziaria e di un'ordinanza sindacale contingibile e urgente per gravissimi motivi igienico-sanitari, è stato necessario lo sgombero del campo nomadi, a seguito del quale 120 persone hanno trovato alloggio nel predetto villaggio.
La Prefettura di Napoli si è fatta carico di individuare, per i restanti nomadi, un'ipotesi di soluzione alternativa nel limitrofo territorio di Quarto, gestito temporaneamente da un commissario straordinario.
La nuova amministrazione comunale, nel frattempo insediatasi a seguito delle elezioni amministrative del 15 maggio 2011, ha rifiutato la proposta di realizzare una piattaforma polivalente idonea ad ospitare temporaneamente le persone sgomberate, per la quale erano stati reperiti anche i relativi fondi.
I nomadi si sono, pertanto, sparpagliati sul territorio, creando piccoli insediamenti abusivi a Giugliano e nei comuni limitrofi. Successivamente, sono stati eseguiti altri sgomberi coattivi per liberare fondi privati occupati dai nomadi, i cui proprietari si erano muniti di titoli esecutivi emessi a tal fine dall'autorità giudiziaria.
La problematica è stata ulteriormente approfondita nel corso della riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 12 settembre scorso. In quella sede, il Prefetto ha richiamato nuovamente l'attenzione del Sindaco di Giugliano sull'esigenza di dare assistenza alle persone in stato di bisogno, con particolare riguardo ai minori e ai malati e di individuare siti dove sistemare i nomadi da sgomberare.
Come ricordato dagli onorevoli interpellanti, nella serata del 4 ottobre scorso, i nomadi sono stati allontanati dal campo abusivo situato alle spalle di un centro commerciale di Giugliano, così come disposto dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.
Gli stessi nomadi, in mancanza di alternative, si sono dapprima sistemati in località Lago Patria, poi in zona Torre Carinati e, successivamente, hanno lasciato dette aree spostandosi in terreni demaniali confinanti, ove tuttora permangono.
Tali allontanamenti - in assenza di disponibilità dei comuni ad ospitare i nomadi in strutture regolari - finiscono per causare continui spostamenti da un fondo all'altro dell'area giuglianese, dove la comunità interessata risiede da più di trenta anni con aspettative di permanenza connesse al radicamento sul territorio.
Voglio assicurare che la problematica è costantemente seguita dal prefetto, che ha convocato proprio per oggi una riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, invitando anche il sindaco di Giugliano - peraltro dimissionario, come lei prima ricordava, onorevole Bossa - al fine di verificare, ancora una volta, la possibilità di trovare una soluzione per la sistemazione dei nomadi, anche mediante la realizzazione di strutture di accoglienza con l'utilizzo di fondi del Programma operativo nazionale (PON) Sicurezza.
In relazione alla specificità del secondo quesito posto dagli onorevoli interpellanti, relativo alla definizione e alla realizzazione di un piano organico volto a superare il ricorso agli sgomberi forzati dei campi nomadi, sono stati acquisiti elementi informativi dal Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione.
Al riguardo, la Commissione europea - con una comunicazione dell'aprile 2011 recante il Quadro dell'Unione europea per le strategie nazionali per l'integrazione dei Rom fino al 2020 - ha affermato l'improcrastinabile esigenza di superare la situazione di emarginazione economica e sociale della principale minoranza d'Europa. Con tale provvedimento sono stati sollecitati gli Stati membri ad adottare e sviluppare iniziative per l'integrazione delle minoranze e per il sostegno di alcuni specifici obiettivi di rilevanza primaria, quali l'accesso all'istruzione, all'occupazione, all'assistenza sanitaria e all'alloggio.
In tale contesto, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, UNAR, individuato quale punto di contatto nazionale, ha elaborato la Strategia di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti, sulla quale la Commissione europea si è espressa positivamente.
Sul fronte casa, in particolare, il documento indica come priorità quello di aumentare l'accesso a un ampio ventaglio di soluzioni abitative in un'ottica partecipativa di superamento definitivo di logiche emergenziali e di grandi insediamenti monoetnici, nel rispetto delle opportunità locali, dell'unità familiare e di una strategia fondata sull'equa dislocazione.
Per il perseguimento di tali finalità, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali sta procedendo a formalizzare la costituzione di tavoli tematici nazionali che vedano coinvolti i rappresentanti delle amministrazioni competenti, le federazioni rappresentative delle comunità Rom, Sinti e Camminanti, e i rappresentanti delle organizzazioni non governative impegnate nella tutela delle suddette comunità. Presso lo stesso ufficio saranno, inoltre, costituiti tre gruppi di lavoro con il compito di proporre soluzioni per il riconoscimento giuridico di tali comunità e per individuare risorse residue non utilizzate nell'ambito del ciclo programmatico dei fondi strutturali 2007-2013.
Ricordo, infine, che per l'approfondimento delle specifiche problematiche, lo scorso 15 ottobre si è riunito il Tavolo interministeriale di coordinamento, convocato dal Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, al quale hanno preso parte, unitamente ai rappresentanti del Ministero dell'interno, della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anche quelli dell'ANCI, dell'UPI, della Conferenza delle regioni, di alcuni enti locali (Catania, Napoli, Lamezia Terme) ed anche il vice sindaco del comune di Giugliano.
PRESIDENTE. L'onorevole Bossa ha facoltà di replicare.
LUISA BOSSA. Signor Presidente, ringrazio il Governo per la risposta puntuale all'interpellanza urgente e per l'attenzione prestata a questo tema che, come ognuno può immaginare, tiene in grande apprensione un intero territorio. Ci tengo a precisare che la nostra preoccupazione si muove in due direzioni: sia in quella per le popolazioni residenti, per le loro attività economiche e quelle agricole che sono esposte sicuramente a rischi, sia per gli stessi Rom che vivono una condizione di estrema precarietà, di disagio e di degrado; in quegli accampamenti vivono moltissimi bambini.
Allora come si risolve questa vicenda? Come bene ha detto lei, signor sottosegretario, il comune ha dato risposta solo ad una parte dei Rom che aveva sul suo territorio dopo lo sgombero del vecchio campo. Gli altri sono stati lasciati vagare per i terreni, con le occupazioni abusive e gli sgomberi forzati. La provincia di Napoli dal canto suo è un ente fantasma che esiste solo sulla carta e direi sui conti correnti. Di fronte a questo scenario credo che il Governo non possa e non debba restare indifferente. C'è bisogno di una soluzione sovraterritoriale, se è vero che si possono, come diceva bene lei, utilizzare i fondi europei; se ci sono fondi ministeriali, la soluzione è ancora più semplice. Il problema è chi deve prendere l'iniziativa. In una situazione normale dovrebbero farlo gli enti locali, i comuni e la provincia dovrebbero progettare la risposta, chiedere i fondi, far partire le iniziative. Purtroppo non lo stanno facendo. Su questa inerzia sta montando una polveriera sociale. Allora, per concludere ci permettiamo, signor sottosegretario, di chiedere al Governo di assumere direttamente un'iniziativa, almeno nel senso di convocare un tavolo, come bene oggi ha fatto il signor prefetto, e mettere i soggetti a discutere. Penso che si possa fare e quindi sollecito il Ministro in questo senso e mi auguro che insieme si possa trovare una soluzione.

 



​​24.10.12

Germania: inaugurato monumento in ricordo dell’olocausto di Rom e Sinti


Inaugurato ieri a Berlino, in Germania, un monumento in ricordo dell’olocausto di Rom e Sinti durante la seconda guerra mondiale. La cerimonia, alla presenza di alcuni superstiti e della cancelliera tedesca Merkel, la quale sul suo canale Youtube ha sottolineato “l’importanza di coltivare la cultura della memoria”. L’avvenimento rappresenta l’occasione per riflettere su questo particolare aspetto della persecuzione nazista. Eugenio Bonanata ne parlato con Brunello Mantelli, docente di Storia Contemporanea all’Università di Torino:
R. – E’ molta la dimenticanza dell’opinione pubblica, ma in realtà sono usciti in Germania - ma non solo e anche in Italia – studi pregevoli sulla persecuzione di Rom e Sinti. Quello che si può dire è che la persecuzione di Rom e Sinti è stata ricondotta alla dimensione della persecuzione degli asociali, data la marginalità sociale di Rom e Sinti, trascurando quindi la dimensione razziale. Invece, entrambe le cose, procedevano parallele.
D. – Perché venivano perseguitati i Rom e i Sinti?
R. – Originariamente, prima del nazismo, in tutta Europa c’era una sorta di ostilità verso Rom e Sinti per la loro marginalità sociale, che li faceva sostanzialmente identificare con persone che vivevano di espedienti. Nel caso del Terzo Reich, questa marginalità sociale venne ricondotta ad una dimensione razziale: Rom e Sinti - dicevano - si comportano in modo – tra virgolette – asociale e questo, a loro avviso, dipendeva da un dato razziale. Questo è il processo di "razzizzazione" che il Terzo Reich applica anche a categorie di oppositori politici o a figure come quelle degli omosessuali. Se sono diversi è perché sono razzialmente impuri. Questo è il principio.
D. – Quanti furono quelli sterminati dai tedeschi?
R. – Questa cosa è abbastanza complessa da definire, perché mentre gli ebrei erano cittadini della Germania o degli Stati occupati e quindi avevano i documenti ed erano registrati alle anagrafi, i Rom e i Sinti, in quanto nomadi, non erano ben registrati oppure si spostavano di continuo. Ragionevolmente una stima di 200 mila è significativa. Le stime vanno da 80 mila a 200 mila: diciamo che 200 mila può essere una cifra significativa e vicina alla realtà.
D. – Provenivano da quali Paesi?
R. – Diciamo da un po’ tutti i Paesi occupati, con prevalenza dall’Europa Centro-orientale e dalla zona balcanica. Ci fu una persecuzione anche in Italia e attualmente c’è una ricerca di dottorato, in corso, di una mia allieva, in cui ha dimostrato come il regime fascista abbia avuto una propria politica di persecuzione di Sinti e Rom, che sfocia poi anche nella deportazione di alcune decine di Sinti e Rom italiani, definiti anche come italiani o residenti in Italia, nonostante le difficoltà di cui dicevo prima. Quindi anche l’Italia non è fuori da questo cono d’ombra.
D. – C’è un campo di concentramento che è stato – diciamo così – maggiormente utilizzato per i Rom e i Sinti?
R. – Sicuramente Auschwitz-Birkenau. Una sezione di Birkenau fu utilizzata proprio come campo per famiglie Rom e Sinti dell’Europa centro-orientale.

Fonte: http://it.radiovaticana.va/news/2012/10/24/germania:_inaugurato_monumento_in_ricordo_dell%27olocausto_di_rom_e_sint/it1-632635





15.10.2012

Toscana, divieto di sgombero

Fonte: Corriere Immigrazione


E’ la condizione che si pone ai comuni per partecipare al nascente Tavolo Rom. Intervista all’assessore regionale al welfare.
Il nuovo Governo ha varato un piano nazionale di inclusione per rom, sinti e camminanti che è stato trasmesso alla Commissione Europea e approvato nel maggio 2012. La Toscana è stata una delle prime regioni ad attivarsi per recepirlo. Abbiamo chiesto a Salvatore Allocca, assessore regionale al welfare e alle politiche per la casa, di spiegarci che cosa la giunta intenda fare in concreto.
La strategia nazionale si focalizza su 4 punti: istruzione, salute, formazione/accesso al mondo lavorativo, abitazione. Come si intende attuarla in Toscana?
«Cominciamo dell’istruzione: i dati in nostro possesso ci dicono che il 95% dei minori frequenta la scuola dell’obbligo, purtroppo accade spesso che le condizioni di vita portino all’abbandono scolastico. Noi cerchiamo di intervenire per favorire l’accesso alla scuola e anche il trasporto, ma ci vorrà un impegno continuo e in piena relazione con le famiglie per realizzare un percorso i cui risultati saranno importanti. La salute è un diritto universale e sarà tutelata tramite procedure che permetteranno ai cittadini rom di recarsi negli ospedali pubblici e ricevere cure e medicinali. Per la formazione e il lavoro vengono seguite le linee che utilizziamo nei confronti di tutti i cittadini. Fra i rom abbiamo professionalità soprattutto nel campo dell’edilizia, dell’agricoltura o nello smaltimento dei rifiuti. Ci sono poi piccoli ma importanti progetti sperimentali rivolti soprattutto alle donne, come una lavanderia e una sartoria già esistenti che stanno creando reddito e posti di lavoro. Per quanto riguarda l’abitazione, è un problema molto serio che stiamo tentando di affrontare con esperimenti pilota».
A proposito di questo ultimo punto, ci sono state molte polemiche ed è stato detto che “i rom rubano le case popolari agli italiani”.
«Su circa 51.000 alloggi di edilizia residenziale sociale, gli alloggi occupati da famiglie rom sono 146. Chi lancia accuse come queste o è ignorante (nel senso che ignora quali siano i numeri) o è in perfetta malafede. Io auspico che nella nostra regione l’edilizia residenziale sociale consenta di risolvere i problemi a tutti i cittadini, indipendentemente dalla provenienza».
Abbiamo recentemente sentito parlare di un Tavolo Regionale sulla questione rom. Che funzioni avrà e chi ne farà parte? E’ pensabile arrivare a un coordinamento e a un’armonizzazione delle politiche locali in quest’ambito?
«La Regione Toscana nel luglio del 2011 aveva pionieristicamente attivato un tavolo regionale per l’inclusione dei rom sinti e camminanti. Questo nuovo tavolo, che ha funzioni di cabina di regia, è stato creato al fine di condividere, con tutti i territori, le politiche di inclusione e di superamento dei campi, dando priorità a quelle situazioni di marginalità estrema, di insicurezza per le persone e di tutela per i minori presenti. Le priorità di intervento vengono individuate attraverso un processo di condivisione con tutti i territori. Questa cabina di regia, che tra poco verrà istituzionalizzata con apposita delibera, sarà composta dai Comuni sul cui territorio ci sono insediamenti rom, dalle associazioni che operano a livello regionale e territoriale. L’elenco dei comuni e il monitoraggio delle popolazioni rom viene fatto dalla Fondazione Michelucci con la quale la regione Toscana opera in sinergia grazie ad un protocollo d’intesa. Il requisito per poter partecipare ai lavori è che non vengano effettuati sgomberi, ma che vengano attivati percorsi di inclusione sociale a vari livelli: l’inserimento in alloggi o pubblici o privati, la costruzione di insediamenti stabili e dotati di servizi essenziali e, per i non italiani, il rientro volontario ed assistito nel paese d’origine. Questa iniziativa, insieme ad altre sempre in ambito immigrazione, è stata apprezzata e ci ha permesso di essere nominati rappresentanti delle regioni italiane, nel tavolo di inclusione nazionale».
In quali città o zone si registrano le situazioni più critiche in Toscana? In questi casi è prevista un intervento a più livelli che prevede anche un coinvolgimento della regione?
«Le grosse concentrazioni di rom sono nei comuni di Pisa e di Firenze, ma in generale abbiamo una quindicina di zone interessate dal fenomeno. E’ importante sottolineare i numeri: su poco meno di 4 milioni di abitanti, i rom censiti in toscana sono circa 2700 e di questi poco più della metà vivono in condizioni di disagio estremo, di marginalità sociale spesso in campi non riconosciuti. Non esiste un problema rom in toscana. Esistono però condizioni inaccettabili ed insicure di vita, di un ristretto gruppo di persone che l’azione politica e amministrativa ha il dovere di aiutare! Il nostro obiettivo è quello di avviare percorsi di inclusione che vanno nella triplice direzione suesposta e che possiamo arrivare a superare definitivamente la condizione non dignitosa di vita di questi esseri umani. Questo mandato è stato dato anche da una mozione del Consiglio Regionale della Toscana (n.171 del 2011) votata all’unanimità (il gruppo delle Lega Nord uscì dall’aula al momento del voto)».
Ma è realmente pensabile il superamento della “logica dei campi”? In che maniera?
«Noi dobbiamo porci l’obbiettivo di non accettare la logica dei campi e di tutti gli elementi di emarginazione e di autoesclusione. Molte delle persone che oggi vivono nei campi, nei paesi di origine risiedevano in abitazioni che consentivano anche la compresenza della famiglia allargata. Ma per superare decenni di vita trascorsi in certi contesti occorrono interventi seri e continuativi. Il campo è spesso percepito da chi ci abita come ambito di sicurezza all’interno della propria comunità, contrapposto a un mondo esterno (il nostro) respingente e diffidente. Ci vorranno forse generazioni per superare questa percezione e in taluni casi, anche garantire condizioni di vita più dignitose può rappresentare il primo passo per rompere quel muro che separa. Questo significa che oltre al rifiuto della logica dello sgombero e dell’intervento repressivo, vanno prospettate politiche di lungo respiro, da sottoporre periodicamente a verifica e in cui deve emergere un ruolo attivo e soggettivo di chi nei campi ora vive. Il campo attrezzato è oggi una “riduzione del danno” ma l’obbiettivo da perseguire è una reale opportunità di inclusione che ci porti un giorno a non vederne più l’esistenza, non solo in Toscana. Altrimenti si rischia di ripetere la condizione del ghetto».
Per anni abbiamo assistito alla creazione e allo smantellamento dei campi. In alcune città si continuano ad attuare gli sgomberi, azione criticata a livello europeo da associazioni governative e non. Qual è la posizione e quali sono le azioni che la regione pensa di intraprendere a questo proposito?
«La politica degli sgomberi è una politica , che oltre a ledere la dignità umana, non porta a nessun risultato concreto: l’abbiamo visto in Italia (in particolare a Roma e Milano) o nella Francia del precedente governo. L’Europa stessa si è dichiarata totalmente contraria a questo tipo di interventi».
Si parla di una futura possibilità di finanziamento europeo direttamente rivolta ai rom e sinti. Perché secondo lei c’è stato bisogno di una voce di progettazione specifica? E’ prevedibile pensare che questo fondo sia utilizzato?
«Nel periodo 2014/2020 l’Europa avvierà un canale di finanziamento apposito per percorsi di inclusione sociale dei quasi 13milioni di rom presenti nel nostro continente. E’ una scelta positiva per un doppio ordine di ragioni: la prima è che fino ad oggi i fondi da impiegare per l’inclusione dei rom derivavano del FSE che è un settore sottoposto a tagli. Per cui c’erano poche risorse con il rischio di aumentare tensioni sociali. La seconda è che il popolo dei rom, sinti e camminanti è un popolo che vive sovente in condizioni di marginalità estrema e questo dato giustifica la creazione di un fondo specifico. Quello che mi auguro è che venga davvero utilizzato: spesso, drammaticamente, gli stati non richiedono soldi all’Europa perdendo così possibilità di finanziamenti per progetti di inclusione».
Nell’immaginario collettivo c’è una percezione dei rom e sinti negativa, legata anche a stereotipi duri a morire. Si può pensare che le quattro azioni, viste come prioritarie a livello nazionale, possano essere attuate se prima non vengono abbattuti o almeno ridimensionati i pregiudizi legati ai rom e sinti?
«In tutti i territori d’Europa hanno ricevuto e continuano a ricevere pesanti discriminazioni che sono dovute principalmente ad ignoranza, alla paura del diverso, ma anche purtroppo, come talvolta è accaduto anche nel nostro paese, alla politica dell’emergenza. E’ assolutamente prioritario ribaltare questa cultura ed avviare percorsi di sensibilizzazione e di conoscenza. Ma per riuscirci dobbiamo agire su un doppio binario: da un lato dell’inclusione sociale, dall’altro della sensibilizzazione. E’ la sinergia delle due azioni che può portare a risultati soddisfacenti e concreti».
Francesca Materozzi​






PENSARE CONTRO-CAMPO. Rom, cittadini dell'Italia che verrà - spot​

Il 16 ottobre 2012, giornata che ricorda la deportazione degli ebrei della città di Roma avvenuta nel 1943, l'Associazione 21 luglio organizza a Roma presso il Teatro Palladium (piazza B. Romano 8) una serata di approfondimento, dibattito, cultura e musica per riflettere su quali siano le migliori politiche da promuovere per un superamento definitivo dei "mega campi monoetnici" all'interno dei quali negli ultimi decenni sono state concentrate in Italia le popolazioni rom e sinte.

La serata inizierà alle 16,30 per concludersi alle ore 22,30. Parteciperanno tra gli altri: Dezideriu Gergely (direttore del Centro Europeo per i Diritti dei Rom); Emma Bonino (vice presidente del Senato); Nando Sigona (ricercatore presso il Centro Studi sui Rifugiati dell'Università di Oxford); Pietro Marcenaro (presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato) e tanti altri. Concerto dei Musikanti di Balval, del maestro Jovica Jovic e del sassofonista Gabriele Coen.

La serata sarà allietata inoltre da piatti della cucina rom.



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Corte di Strasburgo: l’Italia ha violato la CEDU perché ha ritenuto che un possibile matrimonio secondo le usanze ‘Rom’ possa essere la ragione sufficiente per non condurre un’investigazione appropriata su un possibile caso di violenza ed abusi su una minore

Fonte: ASGI

Scarica la sentenza Corte europea dei diritti dell'Uomo, sez. II, sentenza dd. 31.07.2012 (M. e altri contro Italia e Bulgaria) - EN (496.1 KB)​​


Con la sentenza dd. 31 luglio 2012, la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha parzialmente accolto il ricorso di una cittadina bulgara di etnia Rom e di alcuni suoi familiari contro la Repubblica Italiana, in relazione all’insufficiente attività investigativa compiuta dalle autorità di polizia e giudiziarie italiane in merito alla denuncia da ella presentata di essere stata rapita, e ripetutamente picchiata  e  violentata da un da un cittadino serbo, pure di etnia Rom, quando ella era ancora minorenne.

Le autorità italiane, infatti, dopo aver liberato la giovane ed ascoltato la sua testimonianza, sulla base di alcune evidenze testimoniali e fotografiche secondo le quali vi sarebbe stato un possibile matrimonio secondo le usanze Rom tra l’asserita vittima e la persona da Lei accusata - matrimonio concordato tra le due famiglie e sancito da una possibile cessione di denaro dalla famiglia della sposo a quella della sposa – hanno, dunque,  in maniera assai sbrigativa ed approssimativa, negato ogni fondamento alla denuncia,  convertendo il procedimento contro la giovane ed i suoi familiari per le ipotesi di reato di calunnia  e diffamazione. Questo, senza procedere ad alcuna  ulteriore raccolta di evidenze  testimoniali o mediche che avrebbero  potuto eventualmente corroborare quanto denunciato dalla giovane e dai suoi familiari.

La Corte di Strasburgo ha affermato che il divieto della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti di cui all’art. 3 CEDU riguarda non solo i rapporti tra le autorità statuali e gli individui, ma anche il rapporto tra privati ed implica quindi un’obbligazione positiva per le autorità statali di indagare in maniera appropriata, diligente, imparziale ed effettiva su ogni allegazione di atti assimilabili a tortura e trattamenti inumani e degradanti compiuti anche da individui privati nei confronti di altre persone, in special modo, quando le vittime siano minori o persone vulnerabili (par. 99).

Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato che nemmeno trascorso il primo  giorno di indagini ed interrogatori successivi alla liberazione della giovane, le autorità di polizia e giudiziarie italiane hanno sommariamente e sbrigativamente negato ogni fondamento alle dichiarazioni della giovane e dei suoi familiari, ritenendo che un possibile matrimonio secondo le usanze Rom che sarebbe stato stipulato tra le due famiglie e sul quale successivamente  sarebbero  sorti dei disaccordi, costituisse motivo sufficiente per non approfondire l’investigazione e per convertire invece la posizione dei denuncianti in quella di accusati per le ipotesi penali di calunnia e diffamazione.

In tal modo, secondo la Corte di Strasburgo, le autorità italiane sono venute meno agli obblighi scaturenti dall’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.



12.09.2012

Italia: le comunità rom ancora segregate e senza prospettive. Un nuovo documento di Amnesty International

 

In occasione della presentazione di un nuovo documento, intitolato "Ai margini: sgomberi forzati e segregazione dei rom in Italia", Amnesty International ha sollecitato oggi l'urgente modifica delle leggi, delle politiche e delle prassi discriminatorie che emarginano le comunità rom in Italia.

Il documento mette in luce il continuo e sistematico mancato rispetto dei diritti dei rom da parte delle autorità italiane.

Nei 10 mesi trascorsi da quando il Consiglio di stato, il più alto organo di giustizia amministrativa, ha dichiarato illegittima la cosiddetta "Emergenza nomadi", ossia le leggi d'emergenza che hanno preso di mira i rom in Italia, questi ultimi non hanno ricevuto alcuna riparazione né alcun concreto rimedio alle violazioni dei diritti umani causate da tre anni e mezzo di stato d'emergenza.

"Il governo italiano non sta tenendo fede ai suoi obblighi internazionali e agli impegni assunti di fronte alla Commissione europea. Bambini, donne e uomini residenti nei campi continuano a essere sgomberati senza adeguata consultazione, preavviso e offerta di un alloggio alternativo" - ha dichiarato Elisa De Pieri, ricercatrice sull'Italia del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. "I residenti dei campi informali sono i più colpiti e continuano a essere sgomberati a ogni occasione".

"La recente apertura di un nuovo campo segregato, La Barbuta, fuori Roma, è un esempio assai evidente di come le autorità non intendano cambiare" - ha sottolineato De Pieri.

"Il governo Monti non usa il linguaggio offensivo dei suoi predecessori. Ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, non si riscontrano reali differenze" - ha aggiunto De Pieri.

Nonostante la promessa di promuovere uguale trattamento e di migliorare le condizioni di vita dei rom, sancita nella Strategia nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei caminanti presentata dal governo italiano all'Unione europea quest'anno a febbraio, nel 2012 centinaia di rom sono stati vittime di sgomberi forzati a Roma e Milano, rimanendo senza alloggio.

I piani per chiudere i campi autorizzati e quelli "tollerati" vanno avanti nonostante la mancanza di un'autentica consultazione e di adeguate salvaguardie legali. Le condizioni di vita nella maggior parte dei campi autorizzati restano molto misere, mentre quelle nei campi informali sono anche peggiori, con scarso accesso all'acqua, all'energia elettrica e ai servizi igienico-sanitari. Prosegue la segregazione su base etnica e la maggior parte dei rom è esclusa dall'accesso all'edilizia popolare.

In molti casi, i ripetuti sgomberi forzati hanno spinto i rom a costruirsi baracche in luoghi dove sono esposti a condizioni estremamente precarie, con accesso assai limitato all'acqua, ai servizi igienico-sanitari e ad altri servizi, con riparo pressoché inesistente dalle intemperie e infestati da topi e ratti.

"Sono veramente arrabbiato. Vivevo in un campo autorizzato, lavoravo, i miei figli stavano andando a scuola e adesso non ho niente" - ha raccontato Daniel, che vive in Italia da 12 anni e che ha risieduto nel campo autorizzato di via Triboniano a Milano, fino allo sgombero forzato del maggio 2010. Ora vive in un campo informale di Milano.

Secondo le autorità locali di Roma, nei primi sei mesi del 2012 sono state sgomberate oltre 850 persone dai campi informali. Rifugi di emergenza sono stati offerti solo in 209 casi, tutti riguardanti madri e bambini. Solo cinque madri e i loro nove figli hanno accettato, mentre la maggior parte ha rifiutato la separazione dal resto della famiglia. A Milano, oltre 400 persone sono state colpite da sgomberi dall'inizio del 2012 alla fine di luglio.

"I rom in Italia restano intrappolati in pastoie burocratiche che impediscono loro di concorrere senza discriminazioni alle graduatorie per gli scarsi alloggi popolari" - ha proseguito De Pieri.

"Solo una settimana fa, il governo italiano ha ospitato il VI World urban forum, che ha sottolineato la necessità di migliorare la qualità della vita. È davvero giunto il momento che le autorità italiane smettano di aggirare i loro obblighi internazionali e migliorino la qualità della vita dei rom che vivono nei campi autorizzati e in quelli informali, fornendo loro un alloggio adeguato - cosa che è un loro diritto. Le famiglie rom devono essere messe in grado di integrarsi e di diventar parte della società in condizioni di uguaglianza" - ha concluso De Pieri.

Amnesty International ha inoltre raccomandato che la Commissione europea avvii una procedura d'infrazione contro l'Italia sulla base della Direttiva sull'uguaglianza razziale, per il trattamento discriminatorio dei rom rispetto al loro diritto a un alloggio adeguato.

Un po' di speranza per i rom in Italia arriva da due recenti sentenze in materia di sgomberi forzati e segregazione.

Il 31 luglio, il sindaco di Roma ha ordinato la chiusura del campo di Tor de' Cenci, residenza di rom della Bosnia e della Macedonia sin dal 1996, ufficialmente per motivi di scarsa igiene e dei conseguenti rischi per la salute degli abitanti. L'unica alternativa offerta è stata all'interno dei campi segregati della Barbuta e di Castel Romano, entrambi situati a grande distanza dalla città e isolati dai servizi.

Dopo il ricorso di alcune famiglie rom rimaste a Tor de' Cenci, il 27 agosto il Tar del Lazio ha sospeso temporaneamente l'ordinanza del sindaco e ha ricordato alle autorità che esse sono responsabili del mantenimento di adeguate condizioni di salute e di igiene nel campo, fino a quando il tribunale non prenderà una decisione definitiva sullo sgombero.

Nel frattempo, tra la fine di luglio e l'inizio di agosto, circa 200 persone sono state trasferite da Tor de' Cenci alla Barbuta, un'isolata striscia di terra stretta tra la ferrovia, il Grande raccordo anulare e la pista dell'aeroporto di Ciampino. Il 4 agosto, il tribunale civile di Roma ha accolto un ricorso delle Organizzazioni non governative locali, sospendendo in via precauzionale i nuovi trasferimenti alla Barbuta, in attesa di pronunciarsi sulla natura discriminatoria del sistema di alloggio concepito nel nuovo campo.

Vai al sito di Amnesty International e Scarica il documento "Ai margini: sgomberi forzati e segregazione dei rom in Italia" (3.95 MB)

Firma l'appello rivolto al presidente Monti per porre fine alla segregazione e agli sgomberi forzati dei rom in Italia

30.08.2012

Rom: Il TAR Lazio sospende lo sgombero del Campo di Tor de Cenci

dal sito di ASGI:

Il Comune deve "ripristinare, almeno temporaneamente, adeguate condizioni igienico-sanitarie nel Campo Nomadi e nelle aree circostanti".

 

Con l'ordinanza del 27 agosto 2012, il Tar del Lazio ha accolto l’istanza cautelare presentata da alcune famiglie Rom di Tor de Cenci, difese dagli Avvocati Nicolò e Natalia Paoletti, e ha sospeso l’esecuzione dell’ordinanza del Sindaco di Roma che prevedeva lo sgombero di “persone e cose” dal campo attrezzato per il 28 agosto.
Il 2 agosto, dopo aver “trasferito” una parte degli abitanti e aver distrutto con le ruspe 35 container, il Comune aveva infatti notificato un’ordinanza di sgombero ai restanti abitanti.
La Comunità di Sant’Egidio aveva sottolineato da tempo e in diverse sedi come fosse più utile e meno costoso riqualificare il campo attrezzato di Tor de Cenci piuttosto che sgomberarlo e distruggerne le attrezzature: innanzitutto per salvaguardare gli sforzi di integrazione di oltre 150 bambini e ragazzi del campo inseriti nelle scuole del territorio (dall’asilo alle superiori).
La decisione del Tar dimostra come alcuni convincimenti si basino sulla conoscenza della realtà, il buon senso e una cultura che cerca il bene comune e non il facile consenso e non siano né “falsità e attacchi politici”, né tantomeno “posizioni irrealistiche”, come affermato recentemente dai vertici della giunta capitolina. Tanto sono concrete e precise che il Tar, oltre a sospendere lo sgombero, ha sottolineato il “dovere dell’amministrazione di adottare tutte le misure idonee a ripristinare, almeno temporaneamente, adeguate condizioni igienico-sanitarie nel Campo Nomadi e nelle aree circostanti”.



31.07.2012

ERRC, Associazione 21 Luglio, Consulta Rom e Sinti, Gruppo di Sostegno Forlanini, NAGA e UPRE ROMA  hanno inviato una lettera ad alcuni ministri e ai sindaci delle città di Roma e Milano in merito alla forte discrepanza esistente tra strategia nazionale di inclusione di RSC e politiche a livello locale

 

Le associazioni scrivono alle autorità italiane al fine di sottolineare la forte discrepanza esistente tra gli impegni recentemente assunti dal governo in seguito all’adozione della Strategia di Inclusione di Rom, Sinti e Caminanti e quanto invece avviene a livello locale, con particolare riferimento alle città di Milano e Roma. A Milano, in particolare, è stato presentato il "Progetto Rom, Sinti e Camminanti 2012-2015. Proposta del Comune di Milano" senza che i rappresentanti delle popolazioni rom, sinti e camminanti e le associazioni venissero coinvolte nell’elaborazione delle linee guida ed è stato annunciato che gli sgomberi dei campi informali e quelli già programmati (dei campi autorizzati) andranno avanti.

A questo link puoi leggere il comunicato di ERRC.
Qui puoi scaricare la lettera.

16.07.12

Consiglio d'Europa: "l'Italia ha bisogno di una normativa ad hoc per proteggere i rom contro le discriminazioni"

 

La raccomandazione contenuta in una risoluzione del Comitato dei Ministri del COE sull'implementazione della Convenzione quadro sulle minoranze nazionali.

L'Italia ha bisogno di un "quadro legislativo specifico" per proteggere i Rom contro le discriminazioni e favorirene l'inclusione sociale . E' questa una delle raccomandazioni contenute nella risoluzione approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 4 luglio scorso  a seguito del monitoraggio da parte degli organismi europei dell'assolvimento degli degli obblighi assunti dall'Italia  con la ratifica della Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali.
La risoluzione afferma che "nonostante il fatto che il governo italiano sostiene le popolazioni Rom e Sinti attraverso una strategia nazionale per la loro  inclusione sociale ed altre  misure, appare necessaria l'adozione di un quadro legislativo specifico a livello nazionale per la protezione degli appartenenti ai gruppi etnici Rom e Sinti in Italia".
Il testo della Risoluzione può essere scaricato dal sito web del Consiglio d'Europa.

Fonte: ASGI

11.07.2012

Istat: I migranti visti dai cittadini residenti in Italia

 

Secondo il rapporto “I migranti visti dai cittadini”, presentato dall’Istat l’11 luglio 2012, i cittadini rom e sinti sono poco accettati dagli italiani. Infatti, se per la maggioranza non e' un problema avere uno straniero come vicino, il 68,4% non vorrebbe avere come vicino un rom/sinti. Al secondo e al terzo posto tra i vicini meno graditi si collocano i romeni (indicati dal 25,6%) e gli albanesi (24,8%). Anche sul fronte dei matrimoni i rom non sono tra i favoriti: avere un genero rom/sinti, si legge nel rapporto, creerebbe problemi all'84,6% dei rispondenti (''molti'' al 59,2%,”qualche'' al 25,4%). Oltre un terzo degli intervistati avrebbe molti problemi (37,2%) e quasi altrettanti qualche problema (31,7%), se l'ipotesi riguardasse un immigrato rumeno. Seguono, nell'ordine, gli albanesi (molti  problemi il 33,8%, qualche problema il 34%), i marocchini (molti problemi  il 27,9%, qualche problema il 39,6%), i cinesi (rispettivamente 28,6%, e  35%), i nigeriani (26,2% e 37,7%) e, infine, i peruviani (19,9%, 37,4%).

Vai al sito Istat e scarica il rapporto.

05.07.2012

Sgomberi di Bacula e via Gatto: il preludio del piano comunale per i rom?

 

 

Domani il Comune di Milano presenterà il piano per Rom Sinti e Camminanti per il prossimo triennio e il relativo percorso di consultazione e partecipazione, per la prima volta aperto agli interessati e agli enti e associazioni che li rappresentano e tutelano.
Eppure ieri la polizia locale ha sgomberato per l’ennesima volta l’area del cavalcavia Bacula e di Via Colico, che esiste di fatto dal 2005, e stamattina circa 200 persone sono state allontanate dal campo sorto in via Gatto/Cavriana a seguito dei due incendi che nel mese di aprile hanno distrutto l’insediamento di Via Sacile.
“Non capiamo il motivo di uno sgombero, a maggior ragione in una situazione tanto delicata quale quella di queste famiglie, che hanno già subito due volte la distruzione delle loro abitazioni - commentano i volontari di Medicina di Strada del Naga - per di più a un giorno dalla presentazione di un piano che promette l’avvio di un percorso partecipato per individuare alternative e soluzioni percorribili con il coinvolgimento dei diretti interessati”.
“Un piano per Rom, Sinti e Camminanti non può partire dagli sgomberi. Negli scorsi mesi era iniziato un percorso di confronto fra i rappresentanti delle famiglie della comunità sgomberata stamattina, il Naga, la Consulta Rom e Sinti di Milano e il Gruppo Forlanini e l’Amministrazione, bruscamente interrotto all’inizio di maggio dal Comune stesso, che ha ripreso il dialogo solo ora a suon di ruspe” concludono i volontari del Naga.
L’interruzione del percorso ha sfiduciato le famiglie del campo, che in larga parte hanno deciso di allontanarsi dall’area non vedendo accolta la richiesta di essere posti sotto la tutela diretta del Comune e non di enti terzi.
Il Naga ritiene che l’avvio di un percorso che sia davvero condiviso debba necessariamente passare dalla fine degli sgomberi e dall’ascolto delle proposte dalla comunità.
Il Naga continuerà a portare assistenza nelle aree dismesse della città, nei campi rom e ovunque ce ne sia bisogno, continuando a denunciare la violazione di ogni diritto.

 

 


13.06.2012

Zingaropoli: condannati Lega e PDL 13/06/2012

 

 

"Emerge con chiarezza la valenza gravemente offensiva e umiliante di tale espressione che ha l'effetto non solo di violare la dignità dei gruppi etnici sinti e rom, ma altresì di favorire un clima intimidatorio e ostile nei loro confronti".
Così si è espressa la Giudice del Tribunale di Milano, Dott.ssa Orietta Miccichè, dando ragione al Naga nella causa civile anti-discriminazione intentata nei confronti di Lega Nord e PDL per i manifesti affissi e le dichiarazioni fatte da Silvio Berlusconi e Umberto Bossi durante la scorsa campagna elettorale per il sindaco di Milano, in cui si paventava il rischio che la città potesse diventare una "Zingaropoli" in caso di vittoria di Pisapia.
"Per la prima volta in Italia viene depositato un provvedimento giudiziario che condanna dei partiti politici per discriminazione" dichiara l'avv. Pietro Massarotto, Presidente del Naga, "è per noi una vittoria molto importante e vorremmo fosse intesa come un messaggio molto chiaro contro la normalizzazione dell'emarginazione e delle pratiche di esclusione sociale a cui purtroppo siamo stati abituati".
Si sosteneva nel ricorso che non fosse possibile né legittimo per un partito politico utilizzare slogan e dichiarazioni manifestamente discriminatorie nei confronti di alcune comunità e gruppi sociali - nello specifico, nei confronti di una minoranza protetta ex lege (i Rom) - utilizzando l'esistenza stessa di detti gruppi e comunità come fattore di paura sociale nonché utilizzando termini apertamente denigratori e dispregiativi come "zingaropoli".
La Giudice ha accolto tale impostazione.
D'altra parte, anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa Thomas Hammarberg, a seguito della visita da lui effettuata in Italia durante la campagna elettorale milanese dell'anno scorso, aveva affermato di essere rimasto scioccato dai manifesti visti in città, rilevando come questi incidessero direttamente sui diritti delle popolazioni rom e sinti nonché sulle concrete possibilità di integrazione/interazione nella società.
Conclude Massarotto: "Speriamo che questo rappresenti un passo verso l'effettiva tutela delle minoranze nel nostro Paese, ma quello che più speriamo è di non dover mai più intervenire per questo genere di discriminazioni 'istituzionali'".

Scarica l'ordinanza del Giudice del Tribunale di Milano.

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